Le Api in città (Roma)
Le Api sono sicuramente sentinelle dell’ambiente. Ogni fiore ha la sua Ape. 22.000 specie di piante selvatiche, oltre quelle coltivate, necessitano di essere impollinate dall’insetto pronubo. In perfetta simbiosi interagiscono con l’ambiente allevando “piccoli” soprattutto nei mesi caldi, accumulando risorse (miele, polline) per mantenersi in vita ed essere pronte per l’evenienza delle fioriture. Per lo stesso motivo si diffondono coprendo tutto il territorio della loro presenza. Troviamo i loro nidi dappertutto a testimonianza delle loro origini nell’età dell’oro. Cibo è l’ultima essenza da trasmettere, crescendo a dismisura (in numero) consolidando le loro postazioni (nicchie ecologiche) attraverso la dura selezione naturale. La loro tendenza ad accumulare provviste in maniera esagerata, (se la stagione lo consente), a sua volta è servita a sfamare altri esseri che predavano questo nutrimento nei nidi d’Api per soddisfare le loro esigenze alimentari, compreso l’uomo. Presto detto quindi che la ragion d’essere delle Api si confonde con la loro funzione, e non c’è bisogno di dargli un senso, c’è già. Siamo noi che abbiamo bisogno di inserirle in un contesto magari “etico” come una delle nostre “risorse” non solo alimentari, ma anche a tutela dell’ambiente. I loro nidi fatti di “cera, propoli” attaccati ai rami degli alberi, o in qualsiasi anfratto, rimangono inalterati nel tempo, reggono alle intemperie e spesso sono riutilizzati dalle stesse Api. A diritto, questi nidi, devono aver un loro spazio nei musei della civiltà contadina, a testimoniare una tutela e una risorsa, che ancora oggi è viva negli allevamenti d’Api. Un milione e mezzo d’alveari sono detenuti da oltre 50.000 apicoltori. Si stima che un terzo di famiglie d’Api oltre quelle censite è libero, cioè allo stato selvatico. L’ampiezza del territorio Comunale di Roma, pari a circa 1300 Kmq, grande pertanto, quanto la somma dei territori di Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Catania; altissima densità demografica, numero degli abitanti, circa 3.000.000, a cui si aggiunge il numero di quanti vi soggiornano e dei pendolari, per un totale che può superare 5.000.000 di persone;
Muovere questi nidi presuppone un condizionamento e non ci si può che appellare alle leggi esistenti per agire correttamente. E queste leggi se da una parte vietano “l’apicidio” (ossia prelievo dei prodotti con l’eliminazione delle Api), pratica diffusa all’inizio del secolo scorso e prima ancora. Dall’altra affermano che le Api possono stare soltanto nelle “arnie razionali”con i favi su telai estraibili, per il monitoraggio di eventuali patologie e rimedi delle stesse, e che quindi non prevedono nidi d’Api selvatiche, magari caotici e di difficile gestione, per far fronte alle emergenze quali cure e rimedi, che se non effettuati, ne comprometterebbero l’esistenza stessa. Fino alla legge 313 del 24-12-2004 che ne sancisce definitivamente l’utilità e disciplina il riordino degli allevamenti, con l’obbligo di relativa denuncia annuale alle ASL di competenza territoriale.
Il notevole censimento partendo dalla segnalazione del cittadino alla Protezione Civile locale, questi poi la inviano all’associazione, da questa agli operatori nel territorio, apicoltori. Fa del recupero delle Api l’anello mancate tra vecchio e nuovo, tra quello che la natura impone e la nostra attivazione per la difesa delle nostre risorse. La quantità di dati messi insieme attua un completo monitoraggio del territorio, da quest’anno su tutta la regione, mettendoci nelle condizioni di poter intervenire a fronte di un’eventuale pandemia. 
Gli operatori si ritrovano magari con nidi d’Api sui rami, nelle abitazioni, che attestata la loro pericolosità, sono rimossi e portati nelle abituali postazioni.Vale affermare che l’ambiente cittadino è un territorio favorevole al loro sviluppo, dove in pratica hanno scelto di evolversi. È evidente che qualche cosa supporta questo tipo di processo. Uno dei parametri da valutare a giustificazione di questo fenomeno è sicuramente la temperatura, più alta in città che nelle campagne. Ragionare in termini di riordino della specie compreso l’accentuare certe capacità piuttosto che altre è giusto e nessuno può e deve impedirne lo svolgimento. Vedere nel loro agire naturale anche un superamento delle loro difficoltà ha un senso, anzi penso si debba supportare rimovendone gli impedimenti.      Distinti saluti
     
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